Isola delle Femmine, ritrovata un relitto di nave romana a 92 metri di profondità
Un relitto romano del II secolo a.C. è stato individuato, nelle scorse ore, nelle acque antistanti Isola delle Femmine, a 92 metri di profondità. La scoperta è avvenuta durante una ricognizione effettuata dal personale della Soprintendenza del Mare della Regione Siciliana a bordo della nave oceanografica Calypso South dell’Arpa Sicilia. La nave, attrezzata con strumentazione di alta precisione e condotta dagli specialisti dell’area Mare dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente, nelle scorse settimane ha effettuato, insieme alla SopMare, ricognizioni subacquee per verificare la presenza di reperti archeologici in alto fondale; le prime immagini sono state rilevate dai tecnici dell’Arpa nell’ambito delle campagne di monitoraggio svolte mediante il Rov, robot guidato da remoto.
L’intervento degli esperti della Soprintendenza ha consentito di confermare il ritrovamento, documentando proprio alla profondità di 92 metri la presenza di un cospicuo carico di anfore, molto probabilmente di tipo vinario, della tipologia Dressel 1 A. Alla speciale missione congiunta hanno partecipato anche il direttore generale dell’Arpa, Vincenzo Infantino, e la Soprintendente del Mare, Valeria Li Vigni.
“L’individuazione della nave romana sul fondale di Isola delle Femmine è forse uno dei ritrovamenti più importanti degli ultimi mesi“, ha dichiarato l’assessore dei Beni culturali e dell’Identità siciliana, Alberto Samonà, “ancora più significativo se si considera che è frutto dell’azione congiunta di due organismi regionali. La sinergia del lavoro dei tecnici dell’Arpa Sicilia e della Soprintendenza del Mare, infatti, dimostra che la proficua interazione tra le discipline legate all’ambiente e all’archeologia può contribuire a far emergere dati importantissimi ai fini dell’approfondimento degli studi sul “Mare nostrum””.
“Il recente ritrovamento archeologico“, ha aggiunto l’assessore regionale al Territorio e all’Ambiente, Toto Cordaro, “costituisce un ulteriore fiore all’occhiello del patrimonio custodito nei nostri fondali, che sarà recuperato al più presto e fornirà nuova linfa alla capacità attrattiva della nostra Isola“.
“Il Mediterraneo ci restituisce continuamente elementi preziosi per la ricostruzione della nostra storia legata ai commerci marittimi, alle tipologie di imbarcazioni, ai trasporti effettuati, alle talassocrazie, ma anche“, precisa la Soprintendente del Mare, Valeria Li Vigni, “dati relativi alla vita a bordo e ai rapporti tra le popolazioni costiere. La missione congiunta ha consentito, a distanza di poche settimane, il secondo ritrovamento di eccezionale interesse che segue quello del relitto coevo di Ustica. Il ritrovamento conferma la presenza di numerose permanenze archeologiche nelle fasce batimetriche oltre i 50/80 metri, che ci stimolano a proseguire le nostre ricerche in alto fondale in sinergia con le competenze dei tecnici dell’Arpa, che continuerà a produrre esiti eccellenti“.
“Lo studio e il monitoraggio dell’ambiente marino, costantemente operati da Arpa Sicilia”, dice il direttore Vincenzo Infantino, “continuano ad arricchire il quadro delle preziose bellezze presenti nel mare siciliano sotto molti aspetti, non solo sotto il profilo delle specie e delle risorse ambientali, la cui tutela è un imperativo imprescindibile per la nostra comunità, ma anche del recupero di elementi essenziali per la ricostruzione della storia del nostro mare sotto il profilo dei movimenti commerciali“.
Ad Isola delle Femmine sono molte le tracce degli antichi romani. Negli anni ’80 Gianfranco Purpura, professore ordinario di diritto romano e diritti dell’antichità presso l’Università di Palermo, ha rinvenuto sull’isolotto i resti di almeno sette vasche per la produzione del garum (una salsa di pesce molto apprezzata dai romani) a circa 30 metri dal mare. “L’ubicazione di questi impianti il più vicino possibile al mare era determinata dalla necessità di consentire l’agevole trasporto del pesce nello stabilimento”, scrive il professore Purpura, “ma al tempo stesso il sito doveva restare al riparo dalle maree e dalle tempeste”.
Qualche anno fa, inoltre, poco fuori dal porticciolo di Isola, era stato portato alla luce un ceppo di ancora romana, databile presumibilmente fra il IV e il III sec. a.C. (per approfondire clicca qui). “La zona sicuramente è stata oggetto di intensi traffici commerciali, infatti sono stati trovati tantissimi ceppi di ancora simili a questo”, aveva commentato l’archeologo Roberto La Rocca, che ha riportato alla luce questa testimonianza del passato, “e l’isolotto è stato frequentato almeno tra il IV sec. a.C. e il VI d.C., come ci dimostra la presenza di un impianto di lavorazione del pesce, il famoso garum”. Per quel tratto di mare passò anche lo scrittore e senatore latino Plinio il Giovane che, nell’80 d.C., in una lettera all’imperatore Traiano, affermò di aver osservato lungo la costa una “parva et pulcherrima Insula mulieribus”.
Per approfondire la storia di Isola delle Femmine clicca qui.
Commenti
Redazione
Ultimi posts di Redazione (Vedi tutti)
- Alex Biondo, il primo rider di Isola delle Femmine - 12 aprile 2022
- Covid, il sindaco di Isola delle Femmine ordina la chiusura delle scuole fino a lunedì - 12 gennaio 2022
- Disagi nella guardia medica di Isola delle Femmine, UIL FPL: “Grazie a nostre segnalazioni qualcosa sta cambiando” - 2 settembre 2021
Seguici su: