Del senso del brutto… a Palermo
Il nuovo preside di Isola delle Femmine ci parla, dal suo blog, del senso del brutto a Palermo, città assediata dai rifiuti. Noi, a Isola, in pochi mesi abbiamo reso normale la pulizia, la raccolta differenziata e le spiagge libere sono sempre pulite. Perché la Rap, con migliaia di dipendenti, e il sindaco Orlando non riescono a fare “il miracolo” e non prendono esempio? Intanto leggiamo l’interessantissima riflessione di Giampiero Finocchiaro:
Diamo per scontato che esista un senso del bello ed è pure scontata l’idea che tutti apprezzino la bellezza, salvo poi distinguere che tipo di bellezza si intenda. Non è così. Perché esiste un senso del brutto che spesso soppianta il fratellastro. Ma vanno fatti i dovuti distinguo. Il senso del bello si persegue, si cura, si costruisce, si arricchisce. Il senso del brutto si trova, lo si subisce, gli si obbedisce, si contribuisce ad estenderne il contagio.
É accaduto un po’ dappertutto che, seppure senza volerlo, si sia educata la gente al brutto e alla sua diffusione. A mio giudizio si è commesso un errore, in buona fede, a metà degli anni Settanta, quando si è propagato l’uso della raccolta esterna dei rifiuti mediante l’uso di grandi cassonetti sparsi per strada. Modalità che è stata interpretata secondo il senso civico tipico di ogni luogo. Nei paesi dove la cura degli spazi comuni è maggiore di quella che si ha per il proprio privato, si sono inventati sistemi di occultamento delle aree con cassonetti, spesso ricolmi di immondizia. Chi ha piazzato pannelli, chi per la pubblicità e chi per puro abbellimento, chi ha creato angoli a scomparsa occultati con barriere verdi o griglie di legno su cui far cresce belle piante fiorite, etc. Da noi i cassonetti sono sempre stati a cielo aperto, nudi simulacri che richiamavano immondizie di ogni genere, autentiche cloache di raccolta di tutte le perversioni igieniche che caratterizzano le popolazioni sporche, con scarso o nullo senso civico, afflitte da un’ipocrisia culturale strutturale per cui la sporcizia pubblica non sarebbe significativa in quanto riscattata da una ipotetica pulizia eccellente negli spazi privati. Stiamo cioè parlando di luoghi come Palermo, nota nel mondo per la sua sporcizia e per l’amore viscerale che nutre per le sue colline di rifiuti, al punto di dedicargli molta più cura di quanto non sappia fare con le colline brulle che la circondano dove l’abuso edilizio tenta di pareggiare la malvagità quotidiana degli amanti del lerciume.
In moltissimi posti del mondo ci si è accorti abbastanza presto che tenere l’immondizia per strada non era né opportuno, né vantaggioso sotto ogni profilo, quello igienico sanitario anzitutto ma anche quello dell’efficienza della raccolta e dell’economicità dello smaltimento. Ancora una volta qui lo si è capito per ultimi e siccome essere ultimi non era abbastanza, appena si è iniziato a provvedere una serie di intoppi ha provveduto a tenerci ancora più ultimi degli ultimi, così che la storia possa registrare il nostro ritardo non come uno svantaggio ma come l’ennesimo clamoroso esempio di inettitudine, imbecillità e autolesionismo.
Uno delle conseguenze peggiori di questa eterna recessione civile che ci condanna agli ultimi posti di ogni graduatoria sulla qualità della vita, è che si sono addestrate infinite moltitudini di persone a contribuire giornalmente ad imbruttire la città, sono state addestrate a ritenere l’immondizia parte necessaria del paesaggio, sono state anestetizzate alla presenza di focolai immensi e diffusi di percolato, ratti, scarafaggi e quanto altro, come scrisse Günter Grass, ci sopravviverà quando saremo estinti come specie animale proprio grazie ai nostri rifiuti. La gente, giorno dopo giorno, si è cioè abituata a costruire bruttezza in giro per la città e questa è stata via via “naturalmente” devastata da ogni tipo di abuso, vandalismo, scasso e oltraggio. Oggi nessuno si avverte disturbato davanti al muro di un edificio storico insozzato da scritte insulse nel contenuto e non più che risibili nella grafica da artisti inetti che le contraddistingue. Nessuno si disturba per la presenza virale di automobili in ogni spazio del centro storico e in troppi urlano stupidissime rivendicazioni ogni volta che l’Amministrazione tenta di ricreare un po’ di decoro cittadino.
Ma qualche speranza c’è. Il rinnovo dello spazio della Cala, che tutto sommato ancora dura e resiste, è un buon segno. La chiusura di corso Vittorio Emanuele e il relativo abbellimento sono un altro segno positivo, per ora, dato che è ancora fresca la memoria della ributtante rivolta dei commercianti di piazza San Domenico all’indomani del primo tentativo di abbellimento di quella magnifica area.
Il senso del brutto, in sostanza, può essere combattuto. Si rende perciò urgente, anzi urgentissimo, il completamento del programma di rinnovamento della raccolta dell’immondizia in città, passando a forme che onerino i privati in piccola parte e obblighino la rete di raccolta e tutti indistintamente i suoi operatori a lavorare per bene e con professionalità. Forse, allora, sapremo cosa rispondere a Catryn Cole, la turista australiana che recentemente ha scritto una lettera pubblica (su Palermo Today) per dichiarare il suo stupore per questa città così degradata e soprattutto per i palermitano così abituati a sporcarla. Lei ha deciso di non tornare mai più e ci ha definiti la Thailandia d’Europa ma ha precisato che lo scopo è suscitare il nostro orgoglio per la nostra città. Vedremo cosa succederà…
Giampiero Finocchiaro
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