Due miglia di separazione: contesa fra l’arciprete di Capaci e il sindaco di Isola delle Femmine
Dall’alone di mistero che avvolge le origini quasi mitiche dei due paesi di Isola delle Femmine e di Capaci, di tanto in tanto uno sprazzo di luce fa emergere delle storie dimenticate, che ci dicono qualcosa sulle nostre comuni radici e ci aiutano a comprendere il presente.
È forse questo l’intento più profondo del progetto portato avanti dall’associazione culturale Terravecchia, che ha da poco concluso il primo progetto di ricerca storica concretizzatosi nella realizzazione di un libricino che racconta le vicenda di una contesa, durata vari decenni, fra l’arciprete di Capaci, Don Vincenzo Bologna, e il primo sindaco di Isola delle Femmine, Vincenzo Di Maggio. La storia è stata ricostruita grazie a documenti inediti che l’associazione Terravecchia, mossa dal desiderio di recuperare l’identità storica del proprio territorio, ha scovato negli archivi storici delle diocesi di Mazzara e di Monreale ma anche sfruttando le opportunità che riserva l’archivio della Chiesa Madre di Capaci. Il volume, intitolato “Due miglia di separazione”, è stato presentato da Rocco Battaglia, Alessandro Siino, Mariagrazia Cardinale e Antonio Allegrini, nella splendida cornice della chiesa di Capaci, laddove questa storia ebbe origine.
La diatriba sorse nel corso della seconda metà dell’800. Isola delle Femmine era diventata un comune indipendente solo nel 1855, ma se la separazione amministrativa da Capaci fu pacifica, lo stesso non avvenne per la divisione della parrocchia. Il sindaco Vincenzo Di Maggio chiese infatti alle autorità competenti di avere ad Isola una parrocchia indipendente dalla chiesa madre di Capaci ma l’arciprete di Capaci don Vincenzo Bologna, interpellato dal vescovo di Monreale, si dimostrò subito contrario, dato che l’arcipretura di Capaci continuava ad offrire i propri servigi per la crescita spirituale della chiesa di Isola delle Femmine. Tra le sue motivazioni l’arciprete Bologna, citando la legislazione dell’epoca, affermò che non si superavano le due miglia di distanza tra i due Comuni, dunque lo smembramento fra le due comunità non era assolutamente necessario. Ribatteva Di Maggio che le miglia erano due e mezzo e che la strada era disastrata. La contesa durerà per ben 80 anni, fino al 1935, quando la parrocchia di Isola delle Femmine ottenne finalmente l’autonomia.
Questa interessante vicenda giuridica è stata lo spunto per una riflessione sulle origini comuni di Capaci e di Isola delle Femmine. “Fra Isola delle Femmine e Capaci rimane e rimarrà sempre un legame indissolubile”, ha scritto l’arciprete di Capaci, don Pietro Macaluso, nella prefazione al libro, “vincolo che impegna le due parti in un condiviso e notevole lavoro, tra loro e in relazione al limitrofo”. Lo stesso sindaco di Isola delle Femmine, Stefano Bologna, che ha scritto una prefazione al testo ed era presente all’incontro, ha manifestato il suo desiderio di tornare all’unità originaria di Isola e Capaci, passando per un referendum popolare. Dello stesso parere è stato Pietro Puccio, presidente del Gal – che ha dato all’associazione Terravecchia la possibilità di concretizzare il progetto – secondo il quale sarebbe necessario stipulare subito un patto di amicizia fra i due paesi per affrontare insieme i problemi comuni e dirigersi verso comuni prospettive. Un desiderio che è condiviso anche dagli autori del libro: “Chissà se un giorno si potrà tornare ad avere un unico Comune”, ha commentato Alessandro Siino ai nostri microfoni, “questo progetto può essere l’input per pensare al futuro. Ecco, recuperare le radici storiche per proiettarle nel futuro”.
di Eliseo Davì
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