Isola delle Femmine commemora Vincenzo Enea, l’imprenditore isolano ucciso dalla mafia
L’umiliazione e l’onta dello scioglimento del Comune per infiltrazioni mafiose è ancora vivo ad Isola delle Femmine ma c’è chi ha ancora voglia di affrontare le ombre del passato e di ricordare tragici eventi che la coscienza collettiva aveva rimosso. A 33 anni di distanza, l’8 giugno ad Isola delle Femmine si ricorderà Vincenzo Enea, l’imprenditore edile ucciso dalla mafia nel lontano 1982, a soli 47 anni. Il comitato civico “Isola pulita” da tempo preme sull’amministrazione comunale perché venga intitolata una piazza alla vittima di mafia Vincenzo Enea e ha deciso di chiamare la cittadinanza a raccolta, lunedì 8 maggio, intorno alle 10, nel luogo dove avvenne l’omicidio, in via Palermo, vicino la Biblioteca comunale.
Alle 8 di quel lontano 8 giugno 1982 alla stazione dei carabinieri arrivò la notizia dell’uccisione del proprietario del lido “Village Bungalow”, Vincenzo Enea. Immediatamente il maresciallo Vincenzo Lo Bono accorse sul luogo, trovando la Renault di Enea e il suo cadavere, crivellato di colpi e in una pozza di sangue. Come riporta la sentenza di condanna del suo omicida, “Enea Vincenzo veniva descritto dai più come uomo mite e remissivo, sempre pronto ad aiutare chi si trovasse in difficoltà”, ma i carabinieri si scontrarono contro “il muro di omertà delle persone sentite”. Le indagini non portarono a nulla e, dopo una serie di archiviazioni e riaperture del caso, solo nel 2010, a seguito delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Gaspare Mutolo, Francesco Onorato e Rosario Naimo, il sostituto procuratore Del Bene ha deciso di riaprire il caso, riuscendo a far condannare per l’omicidio il killer Francesco Bruno.
All’epoca dei fatti il territorio di Isola delle Femmine faceva parte del mandamento del boss mafioso Rosario Riccobono (poi ucciso dalla fazione corleonese di Riina) e fu proprio nella sua villetta a Mondello che venne preparato l’omicidio. Secondo le dichiarazioni del pentito Onorato “Enea disturbava affari legati alle attività nel settore dell’edilizia”, affari a cui erano interessati anche il boss Riccobono, Salvatore Lo Picolo e Francesco Bruno. Pare che Totò Riina fu molto contrariato dell’uccisione dell’imprenditore isolano, perché Riccobono, Lo Piccolo e Bruno avevano agito senza avvertire il vertice di Cosa Nostra, violando le regole dell’ordinamento mafioso.
Nel 2000 anche il figlio di Vincenzo Enea, Pietro, decise di rendere alla Questura di Palermo un’ampia testimonianza sull’omicidio, spiegando di essere stato reticente fino a quel momento temendo ritorsioni nei confronti della sua famiglia. Questa è la storia che emerge dalle sue dichiarazioni e che leggiamo nella sentenza:
…quel mattino, di buon’ora, Pietro era andato a pesca con gli amici e, tornando a casa, notò nei pressi del “Villaggio bungalow” una Fiat 124 bianca con, a bordo, quattro uomini, fra i quali Francesco Bruno, che lo salutò. La cosa lo colpì molto perché sapeva che l’uomo era da tempo latitante. Direttosi poi ai bungalows, trovò il cadavere del padre riverso per terra. Il movente dell’omicidio, secondo la testimonianza di Pietro, è legato all’attività imprenditoriale del padre, il quale era stato avvicinato da Francesco Bruno per proporgli di diventare socio occulto della sua impresa edile, in quanto aveva soldi da investire, ma Vincenzo Enea si era rifiutato. Un’altra ragione di attrito fra i due era dovuta alla lite per il frazionamento di un terreno con la società BBP (dei Bruno e del loro socio Pomiero), proprietaria della “Costa Corsara”, terreno limitrofo alle palazzine costruite dalla ditta di Enea. A causa di questa lite Vincenzo Enea subì l’incendio di un bungalow, il pestaggio del cane da guardia, il danneggiamento del materiale edile e l’incendio di un magazzino. Benedetto D’Agostino, legato a Vincenzo, tentò una mediazione fra i litiganti, andando così incontro alla morte. Dopo pochi giorni la stessa sorte toccò anche a Vincenzo. Pietro raccontò anche delle intimidazioni che ricevette perché rimanesse in silenzio e le telefonate minatorie alla madre (“…ci dica a suo figlio Pietro che la finisca di scavare altrimenti gli facciamo fare la stessa fine di suo padre…”), che lo indussero ad allontanarsi da Isola delle Femmine e a trasferirsi negli Stati Uniti.
Il 22 maggio 2013 Francesco Bruno è stato condannato dal Tribunale di Palermo per l’omicidio di Vincenzo Enea a 30 anni di reclusione, sentenza confermata in appello lo scorso febbraio. Adesso che verità è stata fatta e Vincenzo Enea è stato riconosciuto vittima di mafia, “Isola Pulita” ricorderà l’omicidio nel luogo in cui avvenne l’assassinio e poi si recherà in Municipio per la firma degli atti deliberativi da parte della giunta, per l’intitolazione di Piano Ponente. Piano Levante, invece, verrà dedicato al vicebrigadiere in congedo Nicolò Piombino, anch’egli ucciso dalla mafia, il 26 gennaio 1982, per la sua collaborazione alla ricostruzione dell’uccisione di Giacomo Impastato, avvenuta nella zona. Forse questo riscatterà, seppur in minima parte, il paese di Isola delle Femmine, dalla macchia lasciata dalle infiltrazioni mafiose.
Eliseo Davì
PER NON DIMENTICARE….intervento in occasione della cerimonia commemorativa
V.B. CC PIOMBINO NICOLO’ Caltagirone 29 maggio 1927 – Carini 26 gennaio 1982 – Vittima di attentato “terroristico – mafioso” – Decreto Ministero dell’Interno 6994/VT 19/289 del 25.nov. 1983
Nicolò Piombino nasce a Caltagirone (CT) il 29 maggio 1927, giovanissimo si arruola nella “Benemerita” Arma dei Carabinieri rimanendo in Servizio Permanente Effettivo – S.P.E., fino al 1976.
Il carabiniere Piombino si contraddistinse sempre per il profondo attaccamento al dovere dimostrato nell’assolvimento dei compiti d’istituto, sempre fedele alla sua missione istituzionale di tutela della legittimita’ e della legalita’.
I Carabinieri, infatti, si sono da sempre guadagnati la pubblica considerazione non solo per le loro virtu’ militari , ma anche per la loro dedizione protesa all’affermazione della legalità’.
E’ per l’appunto, nella considerazione che le qualità summenzionate erano riconosciute al V.B. in pensione, che questi, si era conquistato l’affetto e la stima della cittadinanza tutta di Isola delle Femmine, stima ed affetto che penso continui nella memoria di quanti lo hanno conosciuto.
In un tardo pomeriggio invernale e precisamente il 26 gennaio 1982, poco prima di recarsi in Parrocchia per una celebrazione neocatecumenale della “parola di Dio”, mani assassine e vigliacche lo sottrassero all’amore dei propri cari.
Erano gli anni in cui la Mafia sanguinaria e spregiudicata in un turbinio di violenza – siamo infatti nella c.d 2^ guerra di mafia – mieteva vittime…Ricordo ancora gli editoriali de il giornale “l’Ora” di Palermo allorquando veniva riportati in coda ai nomi delle vittime tre puntini rossi, come a dire…”non finisce qui”
Mai avrebbe potuto immaginare la mia mente di adolescente che si apprestava a diventare adulto che in quel fatidico anno il 1982 anch’io potessi essere coinvolto in prima persona e di veder apparire il mio cognome scritto su una testata giornalistica.
Correva il giorno 26 del mese di gennaio 1982, 11 giorni dopo l’omicidio di giacomo Impastato nipote del boss di Cinisi Badalamenti, che mani vili uccidevano barbaramente, sull’uscio di casa, Nicolò Piombino (mio papà) classe 1927, un servitore dello STATO, V.B. dei carabinieri in pensione, “Era un testimone pericoloso” titolò il giornale del tempo. Con questa motivazione poichè ex investigatore, veniva narrato l’efferato assassinio di una persona mite, umile un buon padre di famiglia PIOMBINO NICOLO’ per l’aiuto reso ancora alle forze dell’ordine per la ricostruzione di alcuni delitti avvenuti nella zona, atti e attività che sono restati e restano coperti dal segreto istruttorio.
Lo stesso anno in cui fu ucciso il generale Carlo Alberto dalla Chiesa.
Il mio pensiero va a questi due uomini di cui conservo le foto nel mio album personale accomunati dalla stessa passione – la musica –
L’allora Colonnello, durante la sua permanenza a Palermo 1966-1973, amava organizzare annualmente una manifestazione canora denominata “ Ugoletta d’Oro” presso la Caserma della legione dei Carabinieri in C.so Vitt. Emanuele.
Anch’io partecipai a quelle manifestazioni distinguendomi nell’arte canora e ricevendo personalmente dal Colonnello Dalla Chiesa per tre anni la medaglia d’oro di primo classificato.
Lui amante della musica era felice e sorridente durante le esibizioni dei piccoli artisti, allo stesso modo era mio padre durante le mie esibizioni.
Ancora oggi conservo le foto di questi due uomini uniti dallo stesso destino, uniti nello stesso sorriso.
Ma quell’anno…, anche se la barbara mano assassina si illuse di spegnere quel sorriso non vi riuscì, perchè il loro sorriso è ancora vivo dentro di me.
Oggi, ricordare un innocente che ha perso la vita a causa della violenza mafiosa e’ un impegno morale per tutti noi qui riuniti, ricordare un uomo, colpevole di essere stato un Carabiniere e un servitore dello STATO FINO IN FONDO (è noto che i carabinieri le stellette le hanno cucite sulla pelle)
Ringrazio l’Amministrazione, il Sindaco e la società civile che oggi permettono la testimonianza del ricordo, la memoria che si fa impegno per la difesa dei diritti, per la giustizia e la libertà; le vittime di mafia portano una storia e la loro morte ci ha dato e ci da la consapevolezza.
Siamo tenuti a rispettare la memoria della storia e tutte le vittime DI TUTTE LE MAFIE…, a loro dobbiamo il tributo della memoria, affinchè si possano assumere comportamenti diversi.
I giovani rappresentano un investimento per il futuro e quindi dobbiamo EDUCARLI AL RISPETTO DELLA PERSONA, all’osservanza delle leggi e delle regole».
Sono tanti gli innocenti uccisi dalla mafia.
Molti sapevano di essere nel mirino, e altri sono morti per aver sfiorato e disturbato gli interessi mafiosi (NdR VINCENZO ENEA), altri ancora addirittura per sbaglio.
A TUTTE, PROPRIO TUTTE, LE VITTIME DELLA VIOLENZA MAFIOSA e al V.B. Nicolo’ Piombino VA IL NOSTRO OMAGGIO E LA NOSTRA PROMESSA DI IMPEGNO.
Silvio Piombino