Di Matteo come Falcone: nuove intimidazioni e nessuna promozione
Da un lato le minacce di Riina e i piani per l’attentato, dall’altro il CSM dice no alla promozione: Di Matteo, come Falcone, è stato lasciato solo a Palermo. Che cos’è che ancora non ha scoperto che fa tremare gli “amici romani” di Matteo Messina Denaro?
Di Gioele Davì
Sembrano un ricordo lontano: il fragore di un’esplosione, una gragnola di colpi, il rimbombo delle sirene della polizia e autoambulanze per le strade di Palermo. Dopo molti anni ormai si crede che gli attentati facciano parte di un passato remoto che difficilmente tornerà a turbare le nostre esistenze e nella quasi totale indifferenza si crede, come qualche famoso giornalista ha asserito, che la Mafia sia stata “sconfitta”.
A far crollare le certezze in un presente scevro dagli orrori ben noti degli anni ‘80 e ‘90 sono state le rivelazioni, confermate dalle testimonianze dei pentiti Galatolo e D’Amico, di un possibile attentato da ordire nei confronti del PM Nino di Matteo. Minacce a tal proposito erano state lanciate, senza la minima intenzione di nasconderlo, dal Capo dei capi Totò Riina: si parlava di tritolo, si erano già costruite delle ipotesi sui possibili luoghi dell’attentato, sugli itinerari che l’esplosivo avrebbe seguito dalla Calabria per giungere a Palermo, sembrava che tutto si fosse concluso in un nulla di fatto ed invece da pochi giorni sono saltate fuori delle notizie molto inquietanti.
Pare che siano stati avvistati all’ingresso del circolo di tennis di San Lorenzo “Tc2”, frequentato dal PM Di Matteo, degli uomini armati. I ragazzi del circolo, interrogati alla presenza di uno psicologo che non ha riscontrato incertezze nella loro deposizione, raccontano di aver avvistato un fucile di precisione con mirino, facendo immediatamente pensare all’azione di un cecchino. A rendere ancora più inquietante il fatto sarebbe, sempre secondo la versione dei giovani, la presenza di un furgone il cui proprietario, il Boss Girolamo Biondino, era stato visto, tempo fa, in compagnia di Giuseppe Salvatore, figlio minore di Riina. Ad occuparsi delle indagini è la procura di Caltanissetta che concentrerà le sue attenzioni su questo dettaglio certamente non poco rilevante.
Attacchi verso il PM Di Matteo non vengo solo da Cosa Nostra ma, almeno così indurrebbe a credere la decisione del CSM, anche dalle Istituzioni. Il Consiglio Superiore della Magistratura ha infatti bocciato la nomina di Di Matteo alla Dna (Direzione Nazionale Antimafia) riportandoci alla mente un tetro parallelismo, che speriamo non si spinga oltre questo avvenimento, con Falcone al quale il CSM negò la nomina di Procuratore Antimafia di Palermo come successore di Caponnetto, un posto che tutti si sarebbero aspettati sarebbe stato assegnato a lui poiché non vi era uomo più competente e preparato che potesse combattere da quel posto di rilievo il fenomeno mafioso. Oggi Nino Di Matteo si trova in una situazione drammaticamente simile, ma a fare la differenza è la forza di volontà di un popolo Siciliano, quello dei giovani, che non vuole vivere i terribili momenti che vissero i propri genitori negli anni ‘90, e che intende non lasciare da solo Di Matteo, ma esprimere tutta la sua vicinanza per un uomo che rischia costantemente la sua vita per uno Stato che la Mafia la combatte e la sconfigge e che merita considerazione ma soprattutto protezione. Perché non è ancora stato attivato per il PM il servizio di protezione che include l’utilizzo del Bomb Jammer, un dispositivo che neutralizza gli ordigni radiocomandati a distanza?
Alfano aveva convocato una riunione del Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza dove così si era espresso: “Abbiamo deciso di utilizzare ogni mezzo, ogni tecnologia usata in ogni parte del mondo, a tutela dell’incolumità dei magistrati di Palermo. Fin qui abbiamo destinato loro tutta la forza di cui lo Stato dispone in termini di mezzi e di uomini. Numero e qualità degli uomini a protezione dei magistrati rispondono a criteri di eccellenza”.
Eppure, nonostante le minacce, le testimonianze e gli avvistamenti, Nino Di Matteo non è protetto al pieno delle possibilità, e in un quadro dai colori tiepidi e sbiaditi delle Istituzioni spicca, in contrasto, il colore acceso della stima che i palermitani provano per il lavoro di chi realmente mette in gioco la vita.
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